lunedì 28 gennaio 2013

"In Cima a Parigi" di Edoardo Massimo Del Mastro

I Francesi, d'inverno, hanno il naso rosso dal freddo. Ecco come distinguerli. Il freddo, il vento e la pioggiarellina fina ed insidiosa, sono quei compagni di viaggio che ti accompagnano ogni volta che arrivi in Francia.
Vi dirò di piu; un giorno di sole, a Parigi, non ti fa godere la città nello stesso modo in cui te la goderesti con la pioggia, la corsa da un riparo all'altro che comunque non ti tiene bloccato in casa, in hotel.
Perché? Perché la Francia è cosi, è bella uggiosa.

Anche a Montmartre oggi si respirava un aria decisamente di festa, sarà stato il sole e la totale mancanza di nuvole. Un tizio con chitarra e amplificatore intrattiene tutta la piazza intonando canzoni internazionali.

Continuo a fotografare la gente che mi circonda. Questo nuovo lavoro mi piace davvero, e spero di stare solo all'inizio.
Vengo distratto nuovamente dal cantante di strada. Un ragazzo di colore ha preso in mano il suo microfono e insieme cantano a squarciagola "No woman no cry" di Bob Marley.
C'é ancora piu allegria in questo momento, rido anch'io.
Adoro anche questo di Montmartre e di quello che lo circonda.
Si respira arte in ogni angolo, di qualsiasi tipo.
Persino gli insistenti caricaturisti per strada ci stanno bene.
Dovrebbero farla piu lunga la Funicolare e saltare direttamente l'odiosa Pigalle.

Oggi ero contento, mi sono fatto fare anche un bracciale della "fortuna" da un simpatico africano di nome "Giallo", o almeno cosi diceva che era la sua traduzione in italiano del proprio nome.
Mentre intreccia fili colorati, continua a ripetere la frase "Hakuna Matata". Impossibile perderselo.
Mentre finisce di fare il suo lavoro mi racconta che è andato via dall'Africa perché i suoi genitori non volevano che finisse in miseria nel suo paese d'origine ma che tentasse la fortuna altrove.
si trasferì a Parigi dopo una piccola permanenza a Barcellona. Non so quanto era vera la sua storia, ma i suoi occhi erano tristi e quei 3€ se li è meritati. Forse era solo un trucco, ma io preferisco pensare il contrario.

Torno al mio lavoro, troppe distrazioni oggi e mi mancano piu di 300 foto per la consegna.
Maledizione.
Cambiamo zona, qui ci si riposa, non si lavora.

Metro. George V, Champs Elyseess. E qui, via a fare foto a go-go.

"Trocadéro, grazie." di Edoardo Massimo Del Mastro

La stanchezza del giorno prima si fa sentire. La svegli alle 4 di mattina, l'aereo, l'autobus, la pioggia, la seratanallo stadio.
Ma non posso privarmi di questo appuntamento speciale.
Sveglia alle 6:30, doccia, colazione abbondante, sistemo accorutamente il mio unico bagaglio. Mi guardo intorno nella stanza d'hotel sperando di non lasciare nulla.
Pago il conto, penso che 14€ per una colazione in hotel composta da qualche cornetto, pane, marmellate varie, qualche prodotto che penso stia sopra quel mobile da mesi, siano decisamente troppi. E non parliamo di "Caffè" perché ci sarebbe da ridere.
Il tizio nella hole dell'hotel mi saluta con un grande sorriso, mi chiede se necessito di un taxi. Gli rispondo di no, prendo la metro.

La bellezza di Parigi raggiunge il suo picco massimo quando si guarda l'alba da Trocadéro. Qui sembra che tutto gli è dovuto. Non voglio esagerare ma penso sia uno dei spettacoli piu belli che abbia mai visto in vita mia.
In questo momento siamo solo io e un altro ragazzo. Un altro fotografo.
Lo vedo sistemare con cura il cavalletto, ci muoviamo quasi in simbiosi.
Piazziamo la fotocamera verso lo stesso punto, alziamo le gambe del cavalletto alla stessa altezza. Sembra quasi che uno dei due stiamo copiando l'altro.

Il sole si nasconde timido dietro le (stranamente poche) nuvole parigine.
Nella penombra, con le nuvole che filtrano i raggi del sole, scatto probabilmente una delle foto più belle che io abbia partorito.
Non è piu una, sono due, tre. Escono fuori una decina di capolavori.
E per dirmelo da solo, vuol dire che ne sono estremamente convinto.
Chissà se anche il ragazzo vicino a me abbia scattato le stesse foto, e chissà se è eccitato come me nel vederle successivamente su uno schermo piu grande.
Si, eccitamento.
Perché e questo quello che si prova dentro quando si scattano delle foto, quando hai passione, quando ad ogni scatto dedichi tempo e concentrazione.

Il ragazzo si è allontanato, e con l'arrivo di un grande gruppo di turisti giapponesi, vado via anch'io. Cerco di stare il piu possibile lontano da loro quando scatto fotografie. Non è razzismo.
Li vedo solo come un barattolo di colore marrone che cade sopra una tela di Caravaggio. La loro è una gara a chi scatta piu foto, e chi si fa la foto con il monumento alle spalle con la faccia piu idiota.
Sistemo accorutamente le mie cose, il cavalletto, lego di nuovo la macchina fotografica intorno al mio collo.
Metropolitana, prossima fermata, prossimo scatto.

Grazie Trocadéro.

domenica 27 gennaio 2013

"Anziana Signora" di Edoardo Massimo Del Mastro

Le ansie che precedono un volo sono sempre le stesse: ho messo tutto nella borsa? Peserà troppo il mio bagaglio? Se arrivo troppo tardi e mi chiudono il gate d'imbarco in faccia?
Forse perché mi sono già scottato con queste fiamme.
Procede tutto per il verso giusto, cominci a sentire la mancanza delle persone a te care.
In questo momento sento terribilmente la mancanza di mio figlio, vorrei abbracciarlo forte. "Sono solo due giorni". Continuo a ripetermelo nella mente; "Domani sera sarai di nuovo su questo aereo per tornare a casa".
Dovevo fare questo viaggio, dovevo vivere anche quest'esperienza.
Dovevo dare modo alla mia vita, a me stesso, di non rinunciare ai miei sogni, di seguire quel bagliore ancora distante da me che però continua a brillare. Io lo vedo e fa una luce accecante. Non voglio rinunciare al mio sogno, al lavoro che potrebbe segnare una svolta nella mia vita. Anche se tutto questo mi porterà a rinunciare a molte cose, voglio credere ad un futuro migliore. "Il primo passo per realizzare un sogno e crederci. Il secondo è continuare a crederci finché non lo vedrai realizzato".
L'aereo svolta leggermente a destra. Il panorama è fantastico come sempre, anzi in questo periodo lo è di piu. Paesaggi innevati, il tramonto che viene fuori timido, con i suoi caldi colori. Una coppia francese al mio fianco dorme paciosamente. Lei si è addormentata con un libro turistico di Roma in mano, lui continua a respirare in modo decisamente fastidioso, tirando sul col naso un raffreddore coltivato nella mia città.
Mi piace osservare le persone che mi circondano in aereo. Mi chiedo perché sono in viaggio, se per lavoro, per piacere, per andare a trovare un amico, un parente...
Un anziana signora ha colpito la mia attenzione in particolare. Non parla italiano e tiene stretto in mano da quando l'ho vista, nella coda per il check-in, il suo foglio d'imbarco e la patente. Avrà intorno ai 65, forse 70 anni. Si guarda intorno come un bambino, come se fosse la prima volta che viaggia in aereo. La sua incolumità mi trasmette molta tenerezza, ha lo sguardo triste, non voglio pensare a quale sia il motivo del suo viaggio perché mi verrebbero in mente solo cose negative. Voglio invece pensare che sta andando a trovare suo figlio, trasferitosi da anni nella capitale francese, che magari ha avuto una bellissima bambina dall'amore della sua vita incontrata per caso in una caffetteria di Montmatre. Ecco, così va decisamente meglio.
La mia concentrazione viene interrotta dall'avviso dalla cabina di mettere la cintura di sicurezza. Stiamo per atterrare all'aeroporto di Parigi-Beauvais.

Buon viaggio anziana e tenera Signora.

venerdì 25 gennaio 2013

"LOND-ON" di Arianna Bureca


Spegni la noia, abbandona gli agganci, lascia in disparte il pessimismo, chiudi nel cassetto la timidezza.
Accendi il cervello, prendi in mano la tua vita, crea legami, abbraccia il nuovo e fa in modo che la speranza muoia per ultima.
Londra e’ cosi. Non dorme. Non si riposa. Ma soprattutto, ti da la possibilita di essere chi vuoi quando vuoi.
No matter where you live, no mattere what you wear, no matter who you are. Presentati come nuovo. Sempre.

Camicia Bianca cucita ieri sera, giacca beige, stivali bassi abbinati.
Saro’ adeguata al colloquio? Boh, non so. Andiamo.
Indosso il mio sorriso migliore e esco.
Fa freddo, come sempre.
Entro in bus e inizio a rivedere le possibili risposte alle possibili domande. Tutto un gioco di possibilita’. Da cogliere al volo.
Entro in ufficio. Cavolo, potrebbe essere l’ufficio dove lavorero’ in futuro. Piante curate, ragazzi in giacca e cravatta, odore piacevole.
Tengo il tempo della musica in sottofondo e salgo al terzo piano.
Reception. Hi, I’m Arianna, I have an interview with..
Ok.
Ci siamo.
Ancora una volta.
Sorrido, serena, entro.
E’ incredibile la capacita che ha l’uomo di dare il meglio di se’ nelle situazioni che lo richiedono. Come e’ incredibile la capacita che Londra ha di farti sentire capace di poter arrivare ovunque. Voglia di re-inventarsi.
Bene.
Rimarranno 8 su 50 di noi. Lo sapro oggi alle 4. In caso di risposta positiva, lunedi ci sara la seconda prova in cui rimarranno solo 5. Cinque ragazzi fortunati.
O forse no.
Cinque ragazzi validi, intelligenti, che sono disposti a mettere in gioco tutto pur di inseguire un sogno. In linea teorica gia’ mi sento tra loro. In linea teorica.
Esco, mi copro, corro a pranzo con un amico.

15.59. Inizio a prendere il telefono in mano.
Vi ricordate quel ragazzo che vi piaceva tanto? Ricordate come aspettavate che vi chiamasse guardando continuamente il telefono? Bene. Ora moltiplicatelo per 10. L’attesa e’ snervante. I minuti sono ore. Ogni battito della lancetta e’ un battito del cuore.
Continuo a girare per negozi.

16.30 e 10% di batteria. Odio il mio essere ottimista. Odio essere convinta del fatto che mi chiameranno, del fatto che a breve questo telefono squillera’. Londra mia, perche mi riempi di ottimismo, perche mi riempi di speranze, mi fai sentire forte e poi mi butti giu? Beh, forse anche questo e’ necessario. Prendere le porte in faccia. La prossima volta andra’ meglio Arianna. Ripetilo, ripetiti che andra’ meglio.

16.45. Ring ring.
Vi ricordate quell messaggio che rompeva l’attesa della chiamata? Vi ricordate quella vostra amica che vi scriveva per sapere se il vostro lui vi aveva chiamato? Bene. In questo caso a rompere il ghiaccio e l’attesa e’ stata una signorina addetta ai sondaggi. Una signorina che credo ricordero e malediro’ per il resto dell’anno.

17.11. 5% di batteria.
Le speranze si stanno spegnendo, per ultime insieme al mio telefono. Decido in questi ultimi 15 minuti di batteria di sentire la musica mentre mi provo un paio di scarpe decisamente belle. Noi donne siamo fatte cosi, per alleviare un dolore ci affidiamo allo shopping. Funziona sempre.
Tacco nero, largo, camoscio. Belle, sono mie. Vado a pagare e esco dal negozio canticchiando ‘The drugs don’t work’.
Le droghe non funzioneranno pure, ma il mio telefono ancora si.
Squilla.
Sono loro.
Congratulations, see you on Monday.
Non ci credo.
Rimango immobile, in mezzo alla strada, sorrido.
Si spegne il telefono, si spegne la musica, ma le mie speranze quelle no. Erano rimaste accese, ON. E sono state premiate.
Incredula. Londra, non ti smentisci mai.
Sei una grande maestra di vita.
Mi hai insegnato che questo e’ il momento di Prendere, e Pretendere. Se non dagli altri almeno da se’ stessi.
Mi hai insegnato ad essere impegnata e non impegnativa. Articolata e non complicata. Incasinata e non impacciata.
Mi hai insegnato che bisogna credere in se stessi per andare Avanti, che bisogna lottare per ci’o che si vuole, che bisogna mettersi in gioco per riuscire.
Mi hai insegnato che noi siamo molto piu precari dei nostri contratti di lavoro.
Sei cosi.
Sei capace di regalare sogni a chi ti vive, affinche’ non ne rimanga mai a corto. Sei capace di formare caratteri. E come dice Eraclito il carattere di un uomo e’ il suo destino.
Io credo in te.
E tu mi dai modo di credere fermamente in me oltre che nell'efficacia terapeutica degli amici, del sesso, del mare, del vento, del sole, dello shopping. Ah, per chi si chiedesse che fine avessero fatto le scarpe della delusione, le sto indossando ora. Per andare a festeggiare.

Yes you can,
Yes we can,
Yes week-end,

Come-ON.

(ndr- Testo di Arianna Bureca, visitate anche il suo blog: http://ariannabureca.blogspot.co.uk/)

mercoledì 23 gennaio 2013

"Tube Love" di Arianna Bureca


Le cose si rompono in continuazione. Bicchieri, piatti, unghie, promesse, cuori, coglioni. Questa volta si e’ rotta la metro. Per fortuna.Sguardi fugaci, veloci, vite che si incontrano e si scontrano in un battito di ciglia. In un battito di cuore. Tra una metro e l’altra, un binario e quello successivo, un posto a sedere a quello a fianco. Quante volte guardando il ragazzo o la ragazza davanti a te l’hai trovato attraente in maniera imbarazzante. Quante volte hai cercato lo sguardo del tuo vicino in bus, in aereo, in treno. Quante volte hai incrociato sguardi belli, tristi, coinvolgenti, pieni di vita o semplicemente stanchi. Quante volte avresti voluto trascinare quello sguardo fino a casa, perderlo di vista mentre gli occhi si chiudevano abbracciati dalle palpebre, per poi rivederlo sotto un’ottica tutta diversa, sotto un’altra luce. Magari quella della mattina dopo.Questa volta ho deciso di sostenerlo, quello sguardo. Non ho lasciato che le cose perdessero di colore in balia della velocita’ della vita londinese. Perche’ nulla avviene totalmente per caso, o almeno credo. Quindi quando ho visto un bel ragazzo, dagli occhi marroni, che si avviava verso la terza carrozza del treno, ho deciso di seguirlo. I nostri sguardi si sono incrociati, non ho girato la testa, neanche una volta. Mi sono detta: vediamo che succede se per una volta tengo il gioco, vediamo che succede se per oggi lascio fare al caso. E’ successo che ho un numero in piu’ sulla rubrica del telefono e un appuntamento in settimana a cena.Ma non con lui. Le cose non vanno mai come ti aspetti, ed e’ incredibile come sia romanticamente imprevedibile la vita. Quando sono entrata nella carrozza del ragazzo, ho visto che non c’erano posti a sedere e quindi mi sono spostata in quella precedente. Sicura di aver perso la mia possibilita' di rimorchio della giornata, mi metto a leggere un fascicolo di lavoro. Eppure, c’era qualcosa che mi distraeva. Sentivo gli occhi puntati, ma non capivo da dove venisse lo sguardo che cercavo. Poi alzo lo testa, e tra la gente c’era una donna incinta che mi guardava. Le ho ceduto il posto. E ho continuato a leggere serenamente in piedi il mio fascicolo.Ma nulla, c’era ancora qualcosa che mi distraeva. La metro era piena, e non riuscivo a capire da chi mi sentissi osservata. Finche’ abbassando lo sguardo sul fascicolo lo vedo. E’ lui. Un ragazzo biondo, con il North Face nero e i jeans chiari. Mi guardava e sorrideva. Ed e’ stato in quel momento, quando ormai non pensavo più all’incrocio di sguardi da film, che si e’ alzato il signore seduto vicino a lui e il ragazzo ha fatto segno di sedermi al suo posto. 
Non c’e’ bisogno di raccontare il resto. Le cose hanno un proprio corso che non si puo’ governare. Ma non smettero’ mai di raccontare quanto sia bello continuare a stupirsi di se’, della vita, del caso. Ammesso che questo esista.In fin dei conti, quindi, oltre ad essersi rotta la metro che mi ha permesso di prendere il treno successivo, quest’oggi si e’ rotta anche un’altra cosa. La mia attesa. 


(ndr - Testo di Arianna Bureca dalla sua Rubrica Londinese)

lunedì 21 gennaio 2013

"PortugaI-Love-You-Twice." di Lea Joan Bass


La decisione di andare a surfare le onde portoghesi nacque per disperazione. Era in progetto un Bali, in Indonesia.
SOLD OUT. Ad oggi mi sento di dire “Overbooking sempre sia lodato”!
Mia mamma mi ha sempre detto “Niente viene per niente”, e così è stato. 

Avendo prenotato il tutto in fretta e furia decidemmo di appoggiarci ad un surfcamp presso una tra le prime 5 riserve naturali al mondo per il surf: Praia de Ribeira D’Ilhas, a pochi passi da Ericeira.

Il surfcamp di Ribeira era fantastico, aveva tutto, tanti bungalow, tende, amache, ristorante, bar, negozio, e uno spazio verde gigante dove ospitava ogni notte concerti e feste, credetemi una meraviglia.
Tornai a casa malvolentieri, ero stata veramente bene, avevo surfato onde tonde e lunghe, ma il freddo in acqua e fuori era qualcosa di incredibilmente inaspettato.

Decisi di ritornare, e questa volta fu quella definitiva, al punto di spingermi a cercare una casa e a pensare seriamente se salire sull’aereo di ritorno.

Dieci ore prima del mio volo, scoprii che il camp di Ribeira era stato demolito. Il panico, credetemi il panico e la morte nel cuore!
Chiamai telefonicamente Tiago, il quale mi disse di non preoccuparmi e che mi avrebbe spiegato appena arrivati ad Ericeira.

“You have to pay if you destroy”. Lessi questo scritto su un muro adiacente al camp. Ingiusto, ciò che avevano fatto era ingiusto. Non sto a spiegarvi, ma sappiate che il lavoro di anni che ha fruttato molto a tutti, proprietari, gestori e ospiti è andato in fumo per colpa di alcune leggi fatte proprio a ca**o! Il dispiacere e la rabbia non è descrivibile.

Alloggiammo all’Ericeira Hostel, una surfhouse veramente fantastica! Ho passato li veramente con gioia quei giorni. Ci trovavamo nel pieno centro di Ericeira, a pochi passi da locali e ristoranti. Nella sfortuna e nell’ingiustizia che ha toccato il surfcamp di Ribeira D’Ilhas ci siamo ritrovati in un posto favoloso, e siamo stati accolti con lo spirito che contraddistingue quella gente, mi sentivo a casa.

Il colpo di fulmine avvenne il terzo giorno. Una vera e propria magia.

Ero in acqua, marea bassa, oceano ritirato di oltre 200 metri, una camminata sulle lastre di roccia che qualche ora prima caratterizzavano il fondale e via, pancia sulla tavola e una remata senza affanno su un’acqua calma al punto da sembrare olio.
Mi chiedevo se qualche onda sarebbe arrivata. Si lasciano desiderare, ma quando arrivano sono impeccabili.
Attendere le onde è la parte più bella per quella che è la mia concezione del surf.
Silenzio, quasi assordante come quello delle montagne, leggero rumore dell’acqua che sbatte sulla tavola, una leggera brezza, un oceano calmo tutto intorno, con un sole rosso che si accingeva a calarsi in acqua, uno schermo tridimensionale che racchiudeva il film più bello mai visto.
Spensieratezza, libertà, mi sentivo pulita da ogni dispiacere che contaminava la mia mente. Mi girai per guardare la spiaggia, e senza vergogna ammetto di aver avuto le lacrime agli occhi da un’emozione fortissima che mi suscitò quel panorama così suggestivo. Tutta la montagna che colava a picco sul mare era illuminata dalla luce arancione del sole, che faceva scintillare lo strato di alghe verde smeraldo del fondale scoperto grazie alla marea. La sabbia giallo ocra, un mare liscissimo in cui potevo specchiarmi e lei, che avanzava alle mie spalle, un’onda così liscia che sembrava essere di velluto, che mi ha accompagnato con dolcezza fino alla riva, facendomi salire e scendere sulla sua parete, accarezzarne la cresta e farmi sentirmi la persona più felice al mondo.

Quando penso a questo viaggio mi vengono in mente 5 aggettivi: amore, amicizia, passione, coraggio e umiltà
Amore, nei confronti di una persona che non dimenticherò mai.
Amicizia, un legame profondo con molte persone, tra cui una ragazza turca con la quale stiamo programmando un viaggio in Marocco a caccia di onde, naturalmente.
Passione, quella che ha fatto si che il surf fosse la mia filosofia di vita.
Coraggio e umiltà, quelli che devi sempre dimostrare quando sei a cospetto della natura in una delle sue forme più meravigliose. Pochi mesi prima avevo perso una persona molto importante a causa della sua sfida incosciente lanciata all’oceano, e ammetto che la voglia di entrare in acqua con una tavola da surf mi spaventava molto. Il coraggio e l’umiltà vanno a braccetto in questo sport, devi prendere consapevolezza dell’incredibile potere della natura, puoi giocarci, ma rispettandola e non sfidandola mai.
Questa è l’essenza del surf.


(ndr - Scritto dalla nostra Surfista Lea Joan Bass, visitate il suo blog: http://leajoanbass.tumblr.com )

domenica 20 gennaio 2013

"Comincia tutto da Qui" di Arianna Bureca

Sole, Freddo, Tacchi.

Scendo dall'autobus, ho i piedi congelati, inizio a camminare veloce alla ricerca dell'ufficio dove ho il primo colloquio dell'anno nuovo.Questo 2013 promette bene, almeno per ora.Tamigi alla mia sinistra, proseguo dritta.Ipod, cuffiette, 'I follow rivers'.Effettivamente si, sto seguendo il fiume. Cosi come  ho seguito la corrente degli eventi che mi ha portato fino a qui.Mantengo il passo, sorrido, cerco di proseguire dal lato del marciapiede con il sole. Ma non cambia nulla. Secondo me il sole di Londra non funziona. Bisognerebbe darlo indietro, ma so per certo che la garanzia per alcune cose non funziona. Come per i ricordi, le esperienze, la Ryanair e le cose che compri dai cinesi.Tiro su la sciarpa, non fa nulla se chi mi circonda non vede che sto sorridendo. Io lo so.Proseguo dritta a tempo di musica. La mia mente in quel momento era piu preoccupata di una eventuale ibernazione che del colloquio. Numero 110, 108, 106..continuo a camminare.'Chissa' come sara' l'ufficio, il capo, chissa chi mi aprira la porta' mi chiedevo. E poi senza neanche accorgermente eccolo li: il numero 5. Il mio possibile futuro. Il mio scalino in più.Non esitai un secondo. Quello scalino in piu lo feci e mi ritrovai in una Hall di divani in pelle marrone.'Miss Bureca, Mr. Coke is waiting for you'.Wow. Certe cose succedono solo nei film. Mi sono sentita per un attimo la protagonista del Diavolo Veste Prada o qualcosa di simile. Vale la pena vivere all'estero anche solo per provare quella sensazione di completa realizzazione. Completa realizzazione attuata dopo che il posto di lavoro che volevi lo vedi davanti a te, a portata non solo di immaginazione ma anche di mano. Completa realizzazione che avviene quando quel posto ti viene offerto, e tu senti tutta la soddisfazione del mondo nell'avere la possibilita' di accettare o rifiutare.Non diro qui quale e' stata la mia scelta.Posso pero' dire che ho sceso il gradino di quel palazzo del futuro con un sorriso piu' grande di quello che avevo mostrato all'entrata.Sole, Freddo, Tacchi.Ma il freddo non lo sento piu.I tacchi si, su quelli non c'e' speranza.Ricomincio a costeggiare il fiume, mi lascio trasportare di nuovo. E con me anche i miei pensieri, le mie speranze, i miei sogni. Lascio che mi portino altrove, non importa dove. Immagino il futuro.Chissa dove mi portera' questa corrente.Decido di fermarmi un attimo, nonostante in Inghilterra credo non sia legale farlo. Ma tanto in questa citta' nessuno se ne accorgera'.Panchina, Caffe bollente tra le mani, Sole, riflesso del fiume.Mi chiedo come sia arrivata fin qui.Mi chiedo dove arrivero'.A volte e' bello lasciare la vita con i puntini di sospensione.Prendo il telefono, rubrica, chiama. Mi ritrovo a dare ragione a un vecchio amico che mi disse 'la felicita' e' tale solo se condivisa'. Non importa su quale lungomare del mondo tu ti possa trovare, certe persone le porti sempre con te. E saranno in grando di immaginare scene che non hanno vissuto, sorrisi che non hanno visto, speranze che non hanno condiviso.Mi alzo, metto i guanti e mi avvio verso casa. Perche alla fine, qualsiasi siano i tuoi punti di partenza e di arrivo, tutto comincia sempre da li.

"Fuori" di Simone Perotti

Eccoci con il secondo appuntamento con la rubrica di Simone Perotti, presa dal suo fantastico sito internet http://www.simoneperotti.com/


In mare era brutto, questi quattro giorni. Ultima uscita dell’anno, forse, con i Nomadi a Vela, il gruppo con cui organizzo le mie navigazioni. Era brutto, certo… Ma un giorno intero siamo riusciti a navigare: venti-trenta nodi, la barca che correva nel sole e nei colori del Golfo. Che meraviglia. Il resto del tempo abbiamo chiacchierato, mangiato pesce delizioso, fatto festa, dormito. Da soli. A parte un paio di barche qua e là, non c’era nessuno….
Tornando verso casa pensavo che questi giorni somigliano molto alle nostre vite, a quello che facciamo, a come lo facciamo. Piove, forse… c’è vento forte, forse… molte cose potrebbero consigliare di non fare, di desistere, di lasciar perdere… Forse. Oppure no. Oppure che piova o no, che le raffiche siano troppo forti o no, che sulla barca (piccola) ci stiamo in tanti, che non si possa neppure aprire un osteriggio perché diluvia… ecco, tutto questo non è né negativo né positivo, non è in grado di motivare o di dissuadere. Cosa accade a un gruppo di persone che va per mare col brutto tempo?
Accade che per lunghe ore del giorno quasi non ricordano che il tempo è brutto. Accade che preparano cene meravigliose, insieme. Accade che appena c’è uno spiraglio nella meteo, subito schizzano fuori dal porto, perché sono già lì, e allora fanno splendida vela, quasi scuffiano dalla felicità. Accade, soprattutto, che del brutto se ne fregano, perché se la nostra vita fosse decisa da fuori, saremmo spacciati.
Ho pensato che per questa settimana potremmo fare un esercizio: potremmo provare a immaginare che il “fuori” non esista. Che quel fuori è il teatro dove deve agire il nostro “dentro”. Per modificarlo, quel fuori, piegarlo, plasmarlo, forgiarlo, indirizzarlo. Per dirgli che non passerà, che non c’è solo lui, che tra noi e lui, lui è quello che conta di meno. Per non farci contagiare. Non è una grande epoca, vista da “fuori”. Forse da “dentro” è migliore. Buona settimana a tutti.
(ndr - testo di Simone Perotti, sito: http://www.simoneperotti.com/ )

sabato 19 gennaio 2013

"l'Appunto" di Simone Perotti

Oggi per la Nostra Rubrica abbiamo un ospite d'eccezione: Simone Perotti.
Per chi non lo conoscesse, vi invito a leggere qualcosa di lui su Wikipedia (ne vale veramente la pena): http://it.wikipedia.org/wiki/Simone_Perotti
Per oggi, prendiamo dall'Archivio del suo sito\blog un articolo di Ottobre 2012.


"Prima serata fredda. Sono a casa da due giorni, dopo tanto. Camino acceso. Per me inizia così l’inverno. Quando finirà lo capirò perché non lo sentirò più crepitare. Per qualche giorno soffrirò di solitudine. Appunto: è grave quando ci si fa compagnia con un fuoco?
Tante cose rimaste indietro, tante cose da fare. L’orto è l’unica a posto. Ho cipolle, aglio, finocchi, cavolo nero, insalata (splendida), ancora pomodori, gli ultimi, e poi il fragoleto, spezie di ogni tipo. Le olive vanno in salamoia domani. Poco di tutto, ma per provare. So come sono fatto: su certe cose mi servono anni per imparare. Imparare è una cosa che mi dà un mucchio di soddisfazioni. Appunto: perché mi piace imparare.
Il nuovo libro è in fase di editing. Una fase delicata, non sempre facile. Tempo ce n’è, ma non bisogna sprecarne. Ogni volta che ricevo un pezzo dall’editor inizio subito a lavorare. La mattina presto, ancora buio. La mattina sa di vita. Thoreau, in Walden, scriveva: “Ho infinita speranza nell’alba” e poi “L’arte più degna è influire sulla qualità del giorno”. Io ho più la sensazione che il mattino influisca sulla mia. Tutte le cose migliori le ho pensate prima del sorgere del sole. Appunto: perché la mattina penso e sento di più.
Sto girando intorno a dei progetti che hanno a che fare con il bosco. Il recupero, innanzitutto. La costruzione del sentiero per arrivare al torrente, che in questi giorni urla tumultuoso. Poi tettoie, almeno due. Un sentiero di legno per poter camminare scalzo sotto gli alberi. Negli spazi recuperati alla macchia incolta devo mettere delle istallazioni, sculture, cose che pendono dall’alto o sorgono tra la roccia e i tronchi. Questo bosco deve resuscitare, e poi vivere. Appunto: perché vorrei fare tutto. Da capire bene.
Devo smettere di rispondere alle email, ai messaggi. Non posso più farlo. Mi toglie tanto tempo, e poi ci resto male quando qualcuno mi dice sempre le solite cose. Ne ha diritto, sono io che non capisco. La comunicazione, lo so da tempo, va regolata. Non si può esserci sempre, non si può leggere tutto. Tra libri, pagine di siti e giornali, tra  messaggi, post e email credo di leggere migliaia di pagine al giorno. Bisogna prendere la decisione. Non è priva di sofferenza. Qui, nel silenzio, sembra possibile. Appunto: che ruolo ha la comunicazione, perché mi sta così a cuore.
E poi c’è il resto: il documento sulla politica, che ho in mente; il giro del Mediterraneo in cinque anni; il progetto del barcone; il romanzo su Dragut, che ormai è alle porte; il viaggio che voglio fare… In questi giorni alcune logiche del lavoro mi sono tornate addosso. Che brutto scoprirmi ancora in grado di difendermi. Avrei preferito soccombere, anche se un poco l’ho fatto. In altri tempi non avrei ceduto un millimetro, fino alle estreme conseguenze. Invece ho lasciato, ma solo dopo una reazione. E’ dura togliersi di dosso il pelo. Occuparsi del vizio è stato più semplice. Appunto: fare più attenzione, in futuro.
Ho parlato con qualche amico che lavora, gente della vita di prima, ex colleghi. Li ho trovati stanchi, affranti, preoccupati, senza vita. Le cose, a quel che mi dicono loro, stanno peggiorando nelle aziende. Mi chiedo quanto resisteranno, cosa sarà di loro. Le cose cambiano velocemente, stanno correndo verso l’ultimo nodo. Appunto: occuparmi di loro, di tanto in tanto.
Domani però non farò niente di tutto ciò. Domani dipingo un’asse sotto al lavabo, col bianco da barche. Mi voglio sedere per terra, con un po’ di musica, e lavorare lentamente. Poi voglio fare una crostata, in quella di stasera non ho messo il burro, ed è venuta dura. E basta. In tutto il giorno solo queste due cose. Per domani, nessun appunto."
(ndr - Scritto da Simone Perotti  http://www.simoneperotti.com/ ) 

lunedì 14 gennaio 2013

Viaggi nel Viaggio


Adoro Moorgate all’ ora di pranzo. Giovani lavoratori dai trench puliti, camicie stirate, scarpe lucide. Ragazze con tacchi, giacche aperte, Panini di Tesco, Caffe in mano. Donne in carriera, belle, con i capelli sempre ordinati e le ballerine anche in pieno inverno. Moorgate e’ un po lo specchio della vera Londra: la citta dei ragazzi in giacca e cravatta che alle 7 vanno a prendersi la birra. La città delle sciarpe, dei guanti touch screen, della Apple, della Barclays. La città degli sguardi sfuggenti. La città dove le coppie hanno vita breve, i legami sono fugaci, le parole veloci. 
Sull’Ipod parte la traccia “New York, New York” e io, persa tra le fredde vie di Londra, ricordo il viaggio nella grande mela con quello che al tempo era l’amore della mia vita. Manhattan, Central Park, 5th Avenue, Rockfeller Center, il sole che risplendeva sul ponte di Brooklyn. Noto la somiglianza di molti palazzi, taxi, accenti. 
Ma poi comincia a piovere, apro l’ombrello e cambio canzone. 
Il tempo vola, si cresce, si diventa adulti. Gli studi finiscono, inizia la lotta nel mondo del lavoro. Inizia la vita quella fatta di decisioni in cui ogni scelta e’ una rinuncia. E tu sei li, con il tuo piede che in misura non è cresciuto, a cercare di mantenere il ritmo facendo passi più lunghi della gamba, più lunghi di te. Ogni passo accorcia la strada verso la meta. Viene spontaneo quindi chiedersi.. qual’e’ la mia meta? 
Il mio cervello ferma un attimo, ma riparte poi più veloce di prima. Tutto dritto. Non mi fermò più. Lascio le risposte ai giorni che verranno. Lascio I ricordi al passato. Non fa freddo. Ho capito perché la gente non soffre il gelo. Perché va sempre di corsa. Ma ho anche capito che mi piace correre. 
Perdo i dettagli, colgo il senso. Nella lingua come nella vita.
E’ in quel momento che decido di chiudere l’ombrello, lasciando che la pioggia scacci via I pensieri. Finisco il caffe camminando sotto la pioggia e controllo l’ora. 
Bene, ho ancora un ora di pausa e tutti I capelli bagnati dal peso dei ricordi. Decido di andare dal parrucchiere. Mi sento parte di questa città. È una sensazione strana che nasce quando alla domanda "how are you dear?" inizi a rispondere "not so BAD" invece di "i'm fine and you?". È quella sensazione che nasce quando esci con la giacca aperta senza sentire freddo e che cresce quando ti ritrovi a parlare di colpi di sole senza problemi. Mi siedo su una comoda poltrona in pelle, apro il mio libro di marketing e canticchio qualsiasi canzone la radio passi mentre cerco di non dare spago ai discorsi da Novella 2000 che i parrucchieri fanno con le altre ragazze. Su questo tutto il mondo e’ paese. Ma solo su questo. Per il resto paese che vai cultura che trovi. Flashback. Alicante. In Spagna devi pagare 5euro di differenza se vuoi che ti asciughino I capelli uscendo dal parrucchiere. Il clima e’ sempre favorevole, cosi come la gente. Non ce problema ad uscire con i capelli bagnati. Qui no. Appena ti siedi ti chiedono come li vuoi asciugati. Forse e’ per questo che le donne hanno sempre I capelli ordinati. 
Pago, esco dal parrucchiere e mi lascio nuovamente risucchiare dalla citta’. La citta’ degli occhi azzurri, delle cravatte indecenti, degli accenti incomprensibili. La citta delle idee. Anzi, soprattutto delle idee. Il sistema di istruzione e improntato sulla ricerca, sull’ improvvisazione, sul design, sull’inventiva. Idee nuove per un mondo in veloce cambiamento. Anche il vaccino influenzale e' veloce. Lo si fa con 10 pound al supermercato con un attesa di qualche minuto.
E quindi di nuovo mi lascio affascinare dalle possibilita’ che la vita mi pone davanti, dai panorami di luce diversa, sperando che il momento di scegliere il mio, di posto nel mondo, arrivi il piu’ tardi possibile.

(ndr- Grazie ad Arianna Bureca)

Surfare alle Hawaii

Circa 36 ore di aereo per raggiungere il paradiso, quell’arcipelago ancora personalmente inesplorato. Dovevo farlo. Ne sentivo la necessità. 
Intraprendere il viaggio verso le Isole Hawaii è stato mentalmente più impegnativo del previsto. Non basta preparare una valigia, imballare tavole da surf, non pensare agli squali e ricordarsi di riportare la pelle a casa.
E’ stato proprio il surf che mi ha spinto verso l’isola di O’hau. Per chi lo pratica con l’anima sa che questo è molto più che un semplice sport. E’ uno stile di vita, è la nostra vita a contatto con ciò che di più forte ed imponente esiste al mondo: la natura.

Il 4 agosto 2011 atterrai all’aeroporto di Honolulu, capitale dell’isola di O’hau, famosa terra di surfisti per lo spot più famoso al mondo sulla Kamehameha Highway nella costa del North Shore: il Pipeline.
L’emozione era indescrivibile, pensare che di li a poco avrei cavalcato le onde hawaiane mi stringeva un nodo alla gola.
Ad attenderci un autista che dopo averci accolto con ghirlande di fiori colorati ci ha condotto a Waikiki, città a pochi chilometri da Honolulu.

Distrutti per le ore di viaggio crollammo sul letto alle 8 di sera, ma l’euforia era tanta al punto da svegliarsi senza un minimo di affaticamento per il jet lag; arrivavamo da pochi giorni trascorsi a New York City, questo forse ci ha aiutato a non sentirne troppo gli effetti.

Avrei voglia di raccontarvi dettagliatamente tutti i 15 giorni trascorsi nell’isola di O’hau, ma le esperienze vissute sono tante da scriverne per pagine e pagine e ancora pagine!

Ogni mattina mi svegliavo con un acquazzone, il quale regalava arcobaleni mozzafiato che attraversavano tutto lo specchio dell’oceano difronte al terrazzo della nostra stanza.
L’umidità era indescrivibile, ma appena spuntava il sole ogni cosa cambiava aspetto. I colori si accendevano con un contrasto incredibile, le strade e la sabbia si asciugavano in pochi minuti, e tanti piccoli puntini neri affollavano l’oceano nei vari break point.


Ricorderò per sempre la faticosa remata per arrivare al secondo reef dell’outside. Feci una fatica inenarrabile. Le onde erano piccole, non superavano sicuramente i due metri, ma avevano una potenza fuori dal comune. Prima di quel momento avevo surfato tante volte onde oceaniche, ma non ho mai sentito tanta violenza in così pochi centimetri d’acqua. Onde tonde, lunge, destre e sinistre. Ce n’erano per tutti i gusti! Il paradiso ragazzi, credetemi il paradiso! In lontananza vedevo la spiaggia, le palme meravigliose che le facevano da cornice e dei grattaceli enormi che sinceramente stridevano un po’.

Il quarto giorno visitai il centro culturale polinesiano, dove scoprii usi e costumi di tutti i popoli della Polinesia. Fantastico suonare lo strumento tipico di bamboo dell’isola di Tonga! Ho ballato la Hula, tipica danza Hawaiana. Ho imparato a fare il latte di cocco con un semplice tronco di un albero e una stoffa! Tutti quei popoli stanno veramente molto più avanti di noi, di un frullatore se ne fanno niente!


Non sono appassionata del telefilm “Lost”, forse perché non l’ho mai visto con attenzione, ma ho felicemente sottratto 12 ore al surf per esplorare quello che era il Set.
Ragazzi di plastica non c’era proprio niente! Una natura indescrivibilmente pazzesca! Foglie grandi quanto me, una foresta pluviale con odori delicati, dei fiori incredibili, delle spiagge incontaminate riserva di tartarughe giganti, la Waimea Valley, la cascata più famosa del mondo, fiori e ancora ruscelli e ancora piante e ancora odori e natura in ogni sua forma!

Il giorno del mio compleanno passato nella North Shore, famosa per il Pipeline Master che ogni inverno regala onde che arrivano tranquillamente alla decina di metri, visitare la ventosa e meravigliosa spiaggia di Kailua, fare snorkeling ad Hanauma Bay, famosa per la sua imponente barriera corallina ricca di pesci di ogni genere e colore e surfare, surfare e ancora surfare! 
Questo tipo di viaggio ti insegna che la natura è molto potente e che vincerà ogni sfida che proverai a lanciarle, ho imparato a rispettarla e a giocarci tentando di domarne le onde.
E’ stata un’esperienza che ha cambiato molto il mio stile di vita e la visione che ho del mondo.

 

domenica 13 gennaio 2013

Normandia Francese.

 Quando arrivammo nella Normandia Francese, era tutto molto surreale.
Stavamo percorrendo il Nord della Francia, seguendo una tratta studiata per mesi. Eravamo estremamente contenti di quello che avremmo visto in quei giorni.
Il nostro viaggio, iniziò nel peggiore dei modi, tra problemi all'aeroporto e la mancata consegna dell'automobile con cui avremmo dovuto compiere tutti quei giri in così poco tempo!
Non ci scoraggiammo. Ci armammo di pazienza e percorremmo più di 3.000 km con autobus, taxi, treni e metropolitane. Non volevamo buttarci giù, quel viaggio doveva essere perfetto in ogni singola azione.
Partimmo da Parigi e ci dirigemmo subito a Caen prendendo il treno. 
La pioggia fina e insistente che si abbatte sulla Francia ci fece compagnia per tutta la settimana, faceva da cornice ad una parte del mondo che non si può vedere col cielo sereno e senza una nuvola. La Normandia è bella così, è bella con la sua tonalità di grigio.
Caen è una città umile, piccola, con una popolazione di circa 100.000 abitanti. Non è molto grande e si visita con facilità. Dopo una visita veloce della città decidemmo di mangiare qualcosa in un ristorantino tipico e subito a dormire. Il giorno dopo ci mettemmo la sveglia molto presto ed andammo a fare visita al Cimitero Americano di Omaha Beach.
Omaha Beach è uno di quei posti che almeno una volta nella vita bisogna visitare e lasciarsi andare. Vedere quella distesa immensa di croci bianche disposte con ordine, mischiate a qualche stella di Davide, fa sempre un effetto molto strano. Ti smuove qualcosa dentro, un senso di rispetto. Ti commuovi molto facilmente. La pioggia aiuta le lacrime a scendere e si mischiano tra di loro.
Quando sei li in mezzo, vieni avvolto da migliaia di pensieri. Una voce, in una stanza del museo, ricorda i nomi di tutte le vittime di quel terribile periodo della nostra storia. Mentre ascolti i nomi, decisamente troppi, sei immerso in ricordi di quei terribili giorni: elmetti di soldati caduti in guerra, con la foto della moglie o dei figli all'interno. Altri con dediche scritte all'interno o frasi minatorie dedicate ai nemici, scritte all'esterno. E' veramente un esperienza unica nel suo genere.
Dopo aver visitato il cimitero, facemmo anche una visita alla famosa spiaggia dello sbarco in Normandia, prima di avventurarsi verso la prossima meta.
In quei giorni visitammo altri paesi, tra cui Avranches, un piccolo paese che mi colpì in modo particolare per il suo fantastico stile in pieno Medioevo. Un gioiello.
Unica su tutte l'esperienza nella ormai nota Mont Saint Michel. Per chi ancora non la conosce, o non sa di cosa sto parlando, gli consiglio di informarsi.
Arrivammo nella splendida Mont Saint Michel con l'autobus, che ci lasciò nel parcheggio ai piedi di questo maestoso borgo.
Quando sei li sotto, e guardi il paesaggio intorno a te, pensi di essere in uno di quei posti descritti nei libri fantasy. Ad un certo punto pensi anche che all'interno troverai folletti e fate.
Invece, in pieno settembre, l'unica cosa che trovi all'interno di Mont Saint Michel, sono migliaia di turisti e pellegrini. Nonostante la calca, riuscimmo a visitare tutto il paese, rimanendo a bocca aperta ad ogni angolo. 
Il nome di questo paese-santuario viene dato in onore di San Michele Arcangelo, naturalmente fa parte dei Patrimoni Mondiali dell'Umanità dell'UNESCO ed è un posto che raramente deve sfuggire.
Inutile raccomandare a qualcuno lo stesso viaggio che abbiamo avuto il piacere di fare io e la mia compagna Paola, perché ogni angolo della Francia va visto, in lungo e in largo, perché ogni spazio, ogni distesa di terreno, nasconde posti paradisiaci. Il tutto, senza spostarci troppo e senza spendere necessariamente tanto. Molte volte trascuriamo i posti a noi vicini, con la convinzione che più ci spingiamo lontano e più i posti sono belli.

Non è così, e la Normandia ne è un Esempio.

Il Ritmo della Vita


7 del mattino, l’unico suono che voglio sentire e’ quello che esce dalla macchinetta del caffè. È un rumore che diventa melodia grazie all’odore che lo accompagna.
Doccia veloce, si canticchia qualcosa di italiano in genere, il ritmo e’ lento come lenti sono i riflessi. 
Si esce poi di casa, il passo e’ veloce e le note che escono dalle cuffie fanno da cornice al paesaggio. Sono note straniere, inizialmente incomprensibili e poi sempre più familiari. Dopo mesi mi trovo a ripeterne le parole, come facessero parte del vocabolario, quello mio personale.

Si entra in metro, destinazione lavoro. Il ritmo rallenta, tornano le canzoni italiane, che mi consentono di soffermarmi sui volti di chi mi circonda dedicando ad ognuno una storia particolare e una strofa del mio canticchiare silenzioso.

Arriva poi il momento di toglierla, la musica. Ma ciò non vuol dire smettere di “musicare”. Si entra a lavoro, i ritmi sono velocissimi, scanditi da tacchi e digitazioni su tastiere dei computer. In testa continuo a canticchiare per tutto il tempo un motivetto diverso ogni giorno, ma è l’unica melodia che si sente.

Pausa pranzo, si mangia veloce qualcosa e si ricomincia con il rapido sound a volte indie a volte commerciale che mi accompagna fino al master. Il tempo non scorre ma corre tra progetti, programmazioni, computer e spiegazioni. Quasi non mi da tempo di trovare un ritmo preciso, che ritrovo invece una volta che esco, ma fuori e’ già buio. E quindi tornano le note lente, quelle un po’ nostalgiche che mi fanno compagnia nel tragitto in treno verso casa. 

Sogno, mi lascio trasportare da quelle melodie in genere spagnole o inglesi e arrivo a casa. Lascio poi la riproduzione casuale mentre cucino la cena e mi preparo a sentire le note più belle della giornata: quelle di amici e parenti su Skype. Le loro voci, piene di gioia nel sentirmi, riempiono di felicità anche me. E le mie orecchie si sentono a casa tra vocaboli familiari, e il mio cervello si riposa. 

La colonna sonora notturna e’ poi quella che mi lascia il film che vedo ogni notte sotto le coperte. È così durante la 
settimana, quasi ogni giorno. 

Se fossi poi qui un fine settimana, sarei felice di mostrarti come cambiano i ritmi del week End.

(ndr - testo di Arianna Bureca)

mercoledì 9 gennaio 2013

Louvre Rivoli


Sentivo l'anziana signora che bisbigliava qualcosa in Francese, ma la mia scarsa conoscenza della lingua non mi permetteva bene di capire cosa mi stava dicendo.
Stando su una Metro, avevo dedotto mi stesse chiedendo se scendevo alla prossima o se, semplicemente, dovevo togliermi da mezzo.
La prossima fermata era quella di Louvre Rivoli.
Non posso non notare l'anziana signora che insistentemente mi segue e sembra abbia preso i miei passi. Sembra una gara, una maratona. I miei passi sono più lunghi ora, lasciandomi alle spalle l'anziana signora che continua la sua camminata con aria piuttosto soddisfatta.
La fermata della metro di Louvre Rivoli, è probabilmente una delle più belle di Parigi, sembra un ereditiera sempre a tiro, che si fa bella e non si vergogna di mostrare le proprie rarità.
Andrè Malraux, ministro della Cultura verso la fine degli anni '60, decise che quella fermata della metro sarebbe stata una fusione di Arte e Storia. Decise così di far ricoprire le pareti sotterranee della metro con pietra di Borgogna, nicchie, bassorilievi, faraoni egizi e ninfe rinascimentali accolgono i turisti e i visitatori rapiti e stupefatti come un bambino che assaggia per la prima volta un Pain au chocolat (perché non si può venire in Francia senza deliziarsi con un Pain au Chocolat - ndr). E' tutto fantastico a Louvre Rivoli, come la convinzione che una volta usciti da quella metro ti trovi nel famoso museo, ed invece non è affatto così. Per il museo diretto, bisognava scendere a Palais-Royal, ma secondo un mio modesto parere, vale la pena scendere a Louvre Rivoli e godersi lo spettacolo sotterraneo e non.
E' anche questo il bello di Parigi, non puoi sottovalutare nemmeno un posto, neanche una fermata della metro. Perché ogni angolo di Parigi nasconde un posto unico, una cura dettagliata ai minimi particolari per rendere tutto estremamente perfetto.
La gente continua a chiedermi per quale motivo continuo ad andare e riandare di nuovo sempre nello stesso posto. Parigi è semplicemente un sovrastare d'Emozioni, una città magica dove si riuniscono tutti i migliori stati d'animo, dove l'amore diventa magia ed ogni singolo metro è unico nel suo genere. Passerei giorni, mesi, anni della mia vita a percorrere su e giù gli Champs Elysées, ammirare l'alba dalla collina di MontMartre e il mondo dalla cima della Torre Eiffel. Non mi stancherei mai d'Innamorarmi ogni giorno di questa Città. Quale posto migliore di Parigi per Sognare?

martedì 8 gennaio 2013

Friday, I’m in love

Parco, casette curate, basse in altezza. E poi bus, tutti a due piani, o quasi. Bei ragazzi dalle camicie stirate e l'impermeabile tutti uguale, blu lungo fino a sopra il ginocchio. È poi off licence aperti, bambini che vanno a scuola, giovani e adulti tutti rigorosamente con telefono in mano e auricolari alle orecchie. Postino in bicicletta, cielo grigio, poi sole, poi pioggia di nuovo. Pioggia, ancora pioggia e poi cielo sereno. E’ quello il momento in cui ti illudi di poter prendere la bicicletta. Ma poi ricomincia a piovere e capisci il perche di quegli impermeabili.
Friday, I’m in love.
C'è' che qui il tempo, un po come quelle nuvole, scorre veloce, corre. Sarà la pioggia, la notte, i caffè.. ma tutto scende rapido. Londra e’ metafora della vita moderna. La gente mangia davanti al laptop, beve caffè camminando per la strada, non riesce a staccarsi neanche nella pausa dal cellulare. E tra la gente ci sono anche io, che scrivo queste righe mentre cammino tornando a casa, a passo veloce, lasciando che il correttore automatico mi segnali quali lettere nel rapido scrivere mi dimentico.
Non parliamo dei ritmi di Battisti, parliamo dei ritmi dei The Cure. O forse e’ solo la gente che abita queste vite che avrebbe bisogno di cure, cure contro la frenesia. Si, qui il sangue scorre veloce sotto pelle, e ogni singolo organo e' pompato al massimo, spinto a dare il 100 per 100. Troppo grande, troppo veloce. E tu, non puoi far altro che seguire il ritmo.
La città dei sensi sbagliati. O forse di quello giusti. Si, perche a volte basta cambiare angolazione per vedere le cose da un punto di vista diametricalmente opposto. Quello che in madrepatria ti sembrava giusto, dopo esperienze all’estero ti potra’ sembrare (e quasi sicuramente ti sembrera’) sbagliato. E non c’e’ cosa piu’ bella di avere la possibilita’ di cambiare punto di vista. È un occasione. Da cogliere..al volo, tanto per cambiare.
Vivere a Londra e’ vivere alla velocità della luce una vita in cui hai la possibilità  di risplendere al massimo. Si, perche nel momento in cui sei esausto, ti rendi conto  di avere delle riserve che non potevi neanche lontanamente immaginare. Delle risorse che solo quando si viene messi duramente alla prova si tirano fuori. Si dice che il treno non passi due volte. Qui passa una volta sola, ed e' anche un Frecciarossa.
Londra fa questo. E’ cosi bella quanto fugace.
Ti sembra di comprenderla, ma ti sfugge nel momento stesso in cui pensavi di afferrarla. Ti fa capire che c’e’ sempre di piu, che non ti devi arrendere, che puoi arrivare dove vuoi se davvero lo vuoi. E lungo il cammino per tornare a casa, ti viene da chiederti.. nel percorso tra cio’ che sono e cio’ che voglio diventare..ci sono gia?
Un raggio di sole si affaccia dal grigio del cielo, scaccia I pensieri, sorrido, continuo a camminare, il weekend e’ alle porte. Londra e’ cosi, si fa odiare quanto amare. Accendo l’ipod. I The Cure. E’ ‘Friday, and I'm in love’.
(ndr Grazie ancora alla nostra Arianna Bureca!)

lunedì 7 gennaio 2013

Attesa Inglese

Un' altra volta, un altro inzio. Un altro punto e a capo.
Non so da cosa sia data questa continua pulsione che mi spinge a riscoprirmi e ricostuirmi da capo ogni qual volta raggiungo un obiettivo, pianto una bandierina nel campo della vita.
Quando ottieni la laurea e il lavoro che desideravi, in una delle città più belle del mondo, circondato da amici e una famiglia che appoggia ogni tua scelta, in genere vorresti fotografare il momento congelandolo per la vita.
Invece no, ogni qual volta supero uno scoglio, c'e' qualcosa che mi spinge a ricominciare, lasciando monotonia, abiutudine, standard e definizioni alle spalle; in cerca dell'ingnoto, nell' inseguimento di un nuovo sogno, un nuovo obiettivo, senza fine.
Mi sono sempre piaciuti i nuovi inizi, quando devi dare tutto te stesso, ripresentandoti per quello che sei anche se nessuno ti conosce. Reinventandoti.
Un mese, un mese e inizierà un nuovo viaggio.
Penso che ora sia questo il mio destino, andare, anche se ciò puo' voler dire allontanarsi dal porto sicuro, slegare le cime che ti legano alla banchina, dove trovi corrente e acqua che assicurano una sopravvivenza tranquilla. Le barche non sono state create per stare nel porto .
Ho imparato a riscoprirmi e ricostruirmi diverse volte. Si dice che per l'animo avventuroso di un uomo non ci sia nulla di più bello di risvegliarsi ogni giorno sotto un sole nuovo e diverso. Ho avuto la fortuna di viaggiare e vivere in luoghi differenti in tutta la mia vita, così da non sentire Roma come un legame infrangibile. 
A volte ho come l'impressione che la vita qui rimanga statica, immobile, mentre intorno scorre e noi non ce ne rendiamo nemmeno conto. E' per questo che devo andare, vedere con i miei occhi, esplorare. La vita essendo un viaggio a senso unico necessita dei viaggiatori, e noi siamo qui per questo, per prendere le briglie in mano e condurre la nostra esperienza da qualche parte, senza lasciarla naufragare in un mare scontato e già datoci. Quando sei su un treno fermo alla stazione e nel binario vicino ce un altro treno che si muove, tu per un secondo hai la sensazione che ti stai muovendo, mentre in realtà sei sempre rimasto immobile. Ecco, io non voglio trovarmi sul treno alla stazione, voglio cambiare binario e prendere il treno in partenza, ovunque porti.
Un mese. A me le sfide sono sempre piaciute.
I miei giorni mi hanno donato nuove esperienze, e forse e' questo che nonostante le delusioni prese e i dispiaceri mi ha permesso di svegliarmi e iniziare sempre la giornata con un bel sorriso.
Cio' che tu doni, riavrai. Io guardo avanti serena, sorridente. E la vita fin ora mi ha sempre risposto specularmente. 
Londra. Londra e' un punto interrogativo, una scelta difficile, fatta appositamente per complicare la mia sfida. Amo il sole, le belle giornate e passare il tempo all'aria aperta, possibilmente in una città vicino al mare. Lo stile di vita mio ideale e' quello spagnolo, così come la lingua che amo di più. 
Londra e' ciò che mi serve per cambiare nuovamente il mio punto di vista. L'uomo e' un essere mutevole, fatto per adattarsi. Succederà anche a me. So che se tornerò, tornerò ancora più completa.
C'e ancora tanta strada davanti. C'e ancora tanto da vivere nel percorso alla ricerca di me stessa, o meglio, nella costruzione di me stessa.
C'e sempre di meglio, anche quando non ti sembra. 
Dalla mia piccola esperienza ho visto che viaggiando, girando, vedendo, esplorando, conoscerai altre persone, piu' simili a te, che hanno deciso di intraprendere il tuo stesso cammino e spesso ti renderai conto che ciò che hai lasciato alle spalle non era così sensato come ti sembrava nel momento prima della partenza.
Per molti il viaggio e circolare, la gioia della partenza, la gioia del ritorno. Fortunatamente al mondo non siamo tutti uguali. Io nel ritorno spesso non incontro quella felicita che dicono ci sia.
Al mondo siamo tutti diversi. Non e' una colpa accontentarsi. C'e chi trova gioia di vita nell'amore, nel lavoro, nella famiglia. C'e chi non parte per far durare una relazione, per portare avanti una casa e dei figli, per paura di abbandonare ciò che con tanta fatica ha ottenuto. Io trovo gioia di vita nell'abbandonare tutto. Nelle nuove partenze, nei nuovi orizzonti dalla luce diversa. Amo circondarmi da gente che vede le cose diametralmente opposte a me, per imparare, per allargare i miei punti di vista. E bello scoprire che non si e mai troppo lontani per trovarsi. Sono una sognatrice che desidera dare spazio ai pensieri. Se non riesco mai a far durare una relazione e' perché la mia vita e' piena, talmente piena che quando una persona cerca di abitarci, divenendone parte integrante mi sento stretta, e ho bisogno di fuggire. Ho bisogno dei miei spazi, dove i pensieri possono navigare liberamente senza freni. Il mio limite e il sentirmi stretta in ogni luogo mentale e fisico dopo breve tempo. E mi ritrovo così alla ricerca del nuovo continuamente.
La carica che ti dona il lasciar tutto e' indescrivibile. E amore per la vita, alla faccia di chi mi accusa di essere cinica. Anche io amo, si, amo la strada che giorno dopo giorno decido di intraprendere. Amo circondarmi di gente che lasci qualcosa nei miei giorni. Amo le discussioni costruttive, gli scontri di opinioni, l'arte in tutte le sue manifestazioni. Amo la mia famiglia che mi riempie di stimoli. Amo la consapevolezza che di se stessi, ci si puo' sempre stupire.
Un mese. 
Amo l'attesa.
Let it be.


(ndr, Grazie Ancora alla Nostra Arianna Bureca)