lunedì 14 gennaio 2013

Viaggi nel Viaggio


Adoro Moorgate all’ ora di pranzo. Giovani lavoratori dai trench puliti, camicie stirate, scarpe lucide. Ragazze con tacchi, giacche aperte, Panini di Tesco, Caffe in mano. Donne in carriera, belle, con i capelli sempre ordinati e le ballerine anche in pieno inverno. Moorgate e’ un po lo specchio della vera Londra: la citta dei ragazzi in giacca e cravatta che alle 7 vanno a prendersi la birra. La città delle sciarpe, dei guanti touch screen, della Apple, della Barclays. La città degli sguardi sfuggenti. La città dove le coppie hanno vita breve, i legami sono fugaci, le parole veloci. 
Sull’Ipod parte la traccia “New York, New York” e io, persa tra le fredde vie di Londra, ricordo il viaggio nella grande mela con quello che al tempo era l’amore della mia vita. Manhattan, Central Park, 5th Avenue, Rockfeller Center, il sole che risplendeva sul ponte di Brooklyn. Noto la somiglianza di molti palazzi, taxi, accenti. 
Ma poi comincia a piovere, apro l’ombrello e cambio canzone. 
Il tempo vola, si cresce, si diventa adulti. Gli studi finiscono, inizia la lotta nel mondo del lavoro. Inizia la vita quella fatta di decisioni in cui ogni scelta e’ una rinuncia. E tu sei li, con il tuo piede che in misura non è cresciuto, a cercare di mantenere il ritmo facendo passi più lunghi della gamba, più lunghi di te. Ogni passo accorcia la strada verso la meta. Viene spontaneo quindi chiedersi.. qual’e’ la mia meta? 
Il mio cervello ferma un attimo, ma riparte poi più veloce di prima. Tutto dritto. Non mi fermò più. Lascio le risposte ai giorni che verranno. Lascio I ricordi al passato. Non fa freddo. Ho capito perché la gente non soffre il gelo. Perché va sempre di corsa. Ma ho anche capito che mi piace correre. 
Perdo i dettagli, colgo il senso. Nella lingua come nella vita.
E’ in quel momento che decido di chiudere l’ombrello, lasciando che la pioggia scacci via I pensieri. Finisco il caffe camminando sotto la pioggia e controllo l’ora. 
Bene, ho ancora un ora di pausa e tutti I capelli bagnati dal peso dei ricordi. Decido di andare dal parrucchiere. Mi sento parte di questa città. È una sensazione strana che nasce quando alla domanda "how are you dear?" inizi a rispondere "not so BAD" invece di "i'm fine and you?". È quella sensazione che nasce quando esci con la giacca aperta senza sentire freddo e che cresce quando ti ritrovi a parlare di colpi di sole senza problemi. Mi siedo su una comoda poltrona in pelle, apro il mio libro di marketing e canticchio qualsiasi canzone la radio passi mentre cerco di non dare spago ai discorsi da Novella 2000 che i parrucchieri fanno con le altre ragazze. Su questo tutto il mondo e’ paese. Ma solo su questo. Per il resto paese che vai cultura che trovi. Flashback. Alicante. In Spagna devi pagare 5euro di differenza se vuoi che ti asciughino I capelli uscendo dal parrucchiere. Il clima e’ sempre favorevole, cosi come la gente. Non ce problema ad uscire con i capelli bagnati. Qui no. Appena ti siedi ti chiedono come li vuoi asciugati. Forse e’ per questo che le donne hanno sempre I capelli ordinati. 
Pago, esco dal parrucchiere e mi lascio nuovamente risucchiare dalla citta’. La citta’ degli occhi azzurri, delle cravatte indecenti, degli accenti incomprensibili. La citta delle idee. Anzi, soprattutto delle idee. Il sistema di istruzione e improntato sulla ricerca, sull’ improvvisazione, sul design, sull’inventiva. Idee nuove per un mondo in veloce cambiamento. Anche il vaccino influenzale e' veloce. Lo si fa con 10 pound al supermercato con un attesa di qualche minuto.
E quindi di nuovo mi lascio affascinare dalle possibilita’ che la vita mi pone davanti, dai panorami di luce diversa, sperando che il momento di scegliere il mio, di posto nel mondo, arrivi il piu’ tardi possibile.

(ndr- Grazie ad Arianna Bureca)

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